Ottavio de Manzini

Konstantìnos Christomànos e la Nea Skinì


Konstantìnos Christomànos nacque ad Atene il 13 agosto 1867 da Athanàsios, professore di Chimica al Politecnico e da madre tedesca, figlia del medico di corte Lindenmeyer, il quale si era stabilito in Grecia al seguito del re Ottone di Wittelsbach. La famiglia paterna era antica e nobile e proveniva dal Melenico. Queste origini indussero poi il Christomànos a dedicarsi alle ricerche genealogiche. Dal Melenico la sua famiglia si era trasferita prima in Macedonia e poi a Vienna, dove era nato e aveva studiato il padre, e dove Konstantìnos stesso studierà e inizierà l'esperienza più significativa della sua vita, cioè la conoscenza e la frequenza dell'Imperatrice Elisabetta. L'impronta mitteleuropea del Christomànos non è quindi dovuta alle sue esperienze soltanto, ma anche alle vicende della sua famiglia, oltre all'origine della madre e al "germanesimo" di una parte della borghesia greca che viveva ai margini della corte ateniese dei Wittelsbach.
Fu determinante, nella formazione del carattere del giovane Konstantìnos un incidente occorsogli in tenera età, che provocò in lui una deformità fisica. Ritirato dalle scuole pubbliche e privato di un'infanzia normale, come il grande Leopardi, si dedicò con esasperazione agli studi, ma divenne introverso, morbosamente sensibile e dedito al sogno. Dopo il liceo si iscrisse alla Facoltà di Medicina dell'Università di Atene, ma presto la abbandonò per studiare Filosofia a Vienna. In questo periodo si dedicò prevalentemente agli studi storici bizantini. Il periodo bizantino, con la sua fama di una civiltà esausta, decadente, nella quale il fiore della bellezza è già stato colto e sfiorisce, lo attraeva più delle età classiche. Poco prima della Laurea si verificò quell'avvenimento che fu determinante nella sua vita e che indirizzò la sua personalità verso una costante malinconia: fu chiamato alla Corte Imperiale come lettore di Greco dell'Imperatrice Elisabetta. Lo attendeva la compagnia di una donna più vecchia di lui, da adorare in silenzio, "indicibilmente bella" 1. La donna rispecchiava, nella tristezza imposta da una sorte tragica, nella esasperata sensibilità, nella mistica malinconia, la personalità stessa del Christomànos generando un'intensa comunione spirituale. Egli fu al suo fianco, vivendo a Schönbrunn, dal maggio al luglio del 1891, nel dicembre dello stesso anno si recarono a Kérkyra, dove soggiornarono all'"Achìllion" fino all'aprile successivo; si recarono poi in Ungheria, in Spagna e in Francia. Fu probabilmente un grandissimo e impossibile amore il cui diario, scritto prima in Tedesco, fu poi tradotto dall'Autore in Greco e in Italiano. A causa della sua insoddisfazione per il lavoro del traduttore italiano Christomànos se ne occupò personalmente 2. Compì anche dei viaggi da solo, a Roma dove si convertì al Cattolicesimo. Quale il motivo di questo "scandalo" ? Alcuni affermano che fu per avere accesso alle Biblioteche Vaticane3 ma probabilmente egli volle adeguarsi al nuovo ambiente in cui si svolgeva la sua vita, la Monarchia "apostolica". Cominciarono per lui gli onori, fu nominato Barone e Cavaliere del Seguito di Francesco Giuseppe, collaborò alla Neue Freie Presse, il più importante quotidiano viennese del tempo, ebbe l'Incarico di Lettore all'Università e all'Istituto di Lingue orientali di Vienna, divenne membro della Società di Studi araldici e dell'Istituto austriaco di studi a Roma, viaggiò ancora recandosi a Napoli, a Marsiglia, ad Algeri.
Fu in questo periodo che cominciò a interessarsi di Teatro. Le sue opere, oltre a quella già citata, sono una raccolta di poesie, Orphische Lieder, opere storiche (Abendländische Geschlechter in Orient), un racconto (I Kerénia Koùkla) e opere teatrali, Die Graue Frau (I Stachtià ghinéka), e soprattutto quella che è considerata l'opera maggiore: Tà Trìa Filià.
Christomànos ritorna definivamente in Patria nel 1901, ricco della fama e della cultura che ha acquisito nei suoi viaggi e nei suoi soggiorni all'estero, ma soprattutto del suo grande interesse per il Teatro, che lo ha posto, in Francia, a contatto col grande Antoine. Egli decide così di dedicarsi al rinnovamento del Teatro che durante il lungo sonno della cultura greca oppressa dalla turcocrazia, era spaventosamente decaduto.
Agli inizi dell'800 si ebbero rappresentazioni di lavori stranieri, tradotti in Greco, presso le comunità elleniche di Vienna, di Trieste, di Odessa e di Bucarest 4.
Perciò, quando la Grecia riconquista la libertà, in molti casi le mancano i semi per una nuova vita culturale, mentre appare una conquista già importante l'essere riuscita a mantenere la propria lingua, la religione e il sentimento nazionale.
Al suo risorgere, la Grecia si trova priva di una vera continuità rispetto all'antica tradizione teatrale, in questo campo la rinascita è lenta e difficile, gli autori stentano a trovare un indirizzo originale e la difficoltà è acuita dal noto problema della lingua.
Sulle nuove scene greche si alternano mummificate rappresentazioni di classici proposti in lingua morta, traduzioni di autori stranieri e lavori in neogreco, ma di scarso valore.
L'arte scenica, intesa come regìa, recitazione, scenografia, è trascurata; gli attori, in mancanza di scuole di recitazione, si formano solo sulla base dell'esperienza personale 5.
Verso la fine del XIX^ secolo si notano i primi sintomi di un miglioramento: la drammaturgia, con Vernardàkis e Vlàchos, con i "comidilli" di Koromilàs si stacca dall' imitazione e dalla sciatteria che la stavano opprimendo, e cominciano a delinearsi le personalità artistiche di Kambìsis e di Xenòpoulos, fondatori di un "teatro di idee" di derivazione ibseniana 6; sorgono le prime compagnie teatrali; nel campo della recitazione appaiono attori di valore, come la Paraskevopoùlou e la Veròni. Nel campo della regia però i tecnici della scena sono per lo più italiani e gli spettacoli di maggior successo sono offerti da compagnie straniere, su testi stranieri.
In questo panorama si inserisce il tentativo di Konstantìnos Kristomànos per una rinascita teatrale. I piani di un'azione innovatrice furono in un primo tempo discussi con tre amici letterati: il Nirvànas, il Kambouroùglou e il Porfiras. Si incontravano in un solitario caffè di Castella, al Pireo, o nella casa di Christomànos al Fàlero 7.
La proposta per la costituzione di un nuovo teatro, per la rinascita della Scena, fu espressa dal Christomànos il 27 febbraio 1901, nella conca del Teatro di Dioniso, a otto letterati da lui convocati per l'occasione 8; i presenti erano, come riferì lo Xenòpoulos: Kostìs Palamàs, Dimìtrios Kaklamànos, Gheòrghios Sratìghis, Dimitrios Kambouròglu, Grigòrios Xenòpoulos, Pàvlos Nirvànas, Làmbros Porfìras e Ghiànnis Vlachoghiànnis.
Ad essi Christomànos espose, con voce calda e sognante, in nitida katharévousa, il suo sogno 9. Egli propone la rinascita dell'azione drammatica non come ripetizione del passato, ma come riconqista di quello stesso livello spirituale cui erano giunti gli antichi Elleni, e cita il Partenone, non come opera da ricostruire, ma come coronamento dello spirito greco, e ogni coronamento dello spirito è quindi un Partenone. Il nuovo dramma deve diventare la sintesi di tutti i simboli creativi, per portare le masse fino al piedistallo della Bellezza e della Verità.
La nuova compagnia teatrale, chiamata Néa Skinì, aderì ai canoni del teatro naturalista, anche se il regista non si limitò al modello dell'Antoine, ma si ispirò anche agli altri teatri di Francia 10. Ciò che diede valore alla Néa Skinì, come una salutare innovazione per il nuovo teatro greco, fu l'estrema cura data all'impostazione tecnica della rappresentazione: lo confermò persino il Thrìlos, di solito non molto generoso di lodi verso Christomànos, affermando che la recitazione molto "disciplinata" e le scenografie raffinate ed eleganti erano qualcosa di veramente nuovo per gli Ateniesi 11. Le prime opere rappresentate e il livello della messinscena erano molto buoni, il regista impose la propria personalità alla Compagnia e fu veramente il "demiurgo", curando personalmente ogni particolare delle impostazioni sceniche. Fedele al suo programma egli continuò a rappresentare testi di alto valore culturale, ma ben presto si fecero sentire l' incomprensione di un pubblico impreparato, la costante opposizione di alcuni critici e la diserzione di alcune persone facoltose che, all'inizio, avevano appoggiato il suo tentativo.
La Nea Skinì si ridusse a rappresentare, per motivi economici, "indegne farse" 12.
Vi erano stati all'inizio trionfali spettacoli in cui per la prima volta erano stati rappresentati i drammi classici in efficaci traduzioni demotiche -ricordiamo Alcesti e Antigoni, tradotti dal regista stesso-.
La scelta di personaggi femminili si accorda con la profondità e la delicatezza del Christomànos nell' accostarsi all'anima femminile, sia per l'influsso della persona che era stata così importante nella sua vita, l'Imperatrice Elisabetta d'Austria, sia per le caratteristiche della sua stessa psicologia 13.
Il livello dei lavori scese sempre di più finché Christomànos abbandonò la compagnia, nel 1905.
L'esperienza della Néa Skinì, anche se si concluse con un fallimento fu comunque una positiva innovazione che determinò una riqualificazione del teatro neogreco, lo sottrasse al dilettantismo, imponendo, anche per ossequio al Naturalismo allora imperante, la cura dei particolari, la severa preparazione degli attori e uno studio dell'insieme approfondito e impegnato, quindi una maggiore professionalità. Sotto questo punto di vista l'opera di Christomanos è una tappa importante nella storia del Teatro greco moderno e lo ha influenzato notevolmente. Mi sia permesso ricordare che queste stesse parole mi furono confermate dalla viva voce di Ghiànnis Sidéris, nella sua casa dove fui ricevuto su presentazione della Signora Kalliòpi Mendràkou, nel lontano 1968, e dove ebbi modo di ammirare alcuni plastici e bozzetti originali di scenografiedell'epoca. Oggi ricordo con piacere quei tempi, quegli studi, e diviene nostalgia, nel ricordo, l'amore che continuo a nutrire per la Patria della Poesia e dell' Arte.

O.d.M.

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Note:
1) C. CHRISTOMANOS, Regina di dolore, Firenze 1901, p.8

2) Il titolo tedesco, "Tagebuchblätter", divenne, in Greco, "Tò Vivlìo tìs Aytokratìras Elisàbet" e in Italiano, "Regina di dolore"

3) M. PERANTHIS, Konstantìnos Christomànos, in Ellinikì Dimiourghìa, n.83, 15 Ioul.1951 p.79

4) M. VALSA, Le Théatre grec moderne de 1453 à 1900, pp.183-198, Berlino 1960

5) M. MAVRIKU-ANAGNOSTOU, O Kònstantinos Christomànos ké i Néa Skinì, Athine 1964, p.38

6) F.M. PONTANI, Teatro neoellenico, Milano 1962,p.38

7) P. NIRVAVAS, Filologikà Apomnimonéymata, Athine, horìs hròno, p.119

8) G. SIDERIS, Istorìa toù Néou Ellenikoù Theàtrou, Athìne, h.h.p.119

9) G. XENOPOULOS, O Konstantìnos Christomànos ké i Néa Skinì, Alexàndria 1933, p.15

10) G. SIDERIS, O Konstantìnos Christomànos ké i Néa Skinì, in Néa Estìa, n.466, 1^ Dekembr.1946, p.1241

11) A. THRILOS, Konstantìnos Christomànos (1867-1911), in Néa Estìa, n.250, 15 maggio 1936 p.746

12) G. SIDERIS, opera citata,p.1240.

13) S. XEFLOUDAS, Nirvànas, Rodokanàkis, Christomànos kè àlli, in Vasikì Vivliothìki, n.XXX 8

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