VECCHIE POESIE


Il vecchio annotava le sillabe
scandite da fatti ripetuti
In ogni riga, in ogni divenire.
Forti destini ed emozioni vive
si stendevano lievi sulle righe,
ora ricordo, ora speranza vana.
Ma dall'Oriente che il lampo
di secolo in secolo segna
ancora una volta giungeva,
a settembre, l'odore di terra,
la voce antica del sangue.
E le armi -ad lares antiquos-
da troppo inchiodate ed eluse
brillavano di tiepido fuoco
alla luce tenue della brace.
"Per troppo tempo la parola,
subdola, disonorevolmente,
ha preso il posto della spada"
pensò e, rivestita la giubba
vecchia dei vent'anni,
con quel poco di brace che restava
riscaldò l'anima segnata.
Destricto antiquo gladio
corse, come un giovane folle
a morire onorevolmente,
stanco di parole.


L'Istria e` lontana, in questa sera.
La serpe dorme tra le ginestre:
a Colmo, chiusa tra le sue mura
deserte stridono le civette.
La mia terra rossa polverosa
mi s'ingroppa nel cuore. (settembre 1981)


La mia pietra del Carso, bianca,
qui in pianura sta diventando grigia,
come la vita, e muffe
verdastre la insidiano.
Qui non c'è sole che scaldi
o bora che asciughi.
Qui i suoi fori scuri
come occhiaie di teschio
ricordano soltanto la Tragedia.


Per il compleanno di Adele Mennella dell'Isola,
con l'omaggio diuna penna in similoro
il 10 marzo 1984.

Non è tutt'oro quello che luccica
eppure ancora cerchiamo
come alchimisti praghesi
il lapis immortalitatis
catalizzatore dell' homunculus
da tenere sullo scaffale polveroso
(forse della memoria),
chiuso nel matraccio soffiato di Boemia.
Bafometto (o Giano), sarcastico
aspetta che passino gli anni
per rivelarci la formula segreta.


Serca de dirme una parola, nono,
anca se no s'avemo conosù:
Ti, cussì sito, serio e galantomo,
dandome qua un' ociada de lasù.
Se ti podessi dirme cossa far
de sta mia vita storta e intorcolada
forsi me passaria sta rabia sorda
sta delusion, sto gropo nela gola.


Nacqui sull'altra sponda
dove, calmo,
si frange sugli scogli il mare.
Terra di vini e profumi forti,
di sangue, di passioni,
di vita dura, come un grumo
della sua terra secca e rossa.
Poco amaro questo mare:
sabbia, paludi e canne.
Non è questa la patria
che avevo creduto la mia.


Abbiamo percorso difficili sentieri,
abbrancati ai costoni, battuti dal sole
inseguendo chissà quali speranze.
Abbiamo giurato in tante fedi, strane
e diverse, a volte contrastanti.
Ed ora ai nostri nervi sfiniti
alle nostre mani stanche
si propongono ancora prove dure.
Camminiamo con vertigini, con pena
affrontiamo monotone giornate;
dall'alto ci scruta la luna
che crediamo deserta e sassosa,
sotto di noi vulcani sconosciuti
preparano catastrofi imminenti.
La speranza si accampa
su pendii scoscesi di montagne
dove la notte il freddo ci tormenta,
in freddi deserti battuti dal vento.
Noi proseguiamo, stanchi di sperare
abbrancati ad un esile filo,
alla certezza di dover andare.
Oramai questo soltanto resta
in questa landa deserta e velenosa
in cui viviamo quasi abbandonati.


La rosa non si sfoglia
ma come una bella
donna, si spoglia.


Ora incantata in cui la luce
del sole al pomeriggio, forte
dopo un dolce tuono d'agosto
entra negli occhi e v'instilla il sonno.
Lieve abbandono in questa luce
agli eventi trascorsi e che verranno.
Nel silenzio è un rombo ogni fruscio,
ogni trasalimento lieve della mente
che brucia senza freni nella sera.


Vecchia città ruffiana
di patteggiamenti e d'illusioni,
di vane glorie e d'inutilità.
Sprofondino infine i tuoi palazzi
la tua brama di vivere malata
il tuo fascino tronfio e deludente.
Neanche un minuto mi soffermerò
pensando che qualcosa sia perduto.


Risplenderà un magnifico sorriso,
col sole, in un mattino:
boschi silenzi e sovrumana quiete.
E nessuno riuscirà a vedere
ciò che noi chiameremmo distruzione:
vita pronta a rinascere per noi
nell'Eden puro di una nuova storia.


Ogni tanto un bel vento mi rinfresca
in quest'afa d'agosto desolata:
è come seta la pelle della pesca,
bacia la rosa l'ape innamorata.


JUCUNDA

A questo mio disperato sperare
risponderà, è fatale,
la tua voglia infantile di giocare.


DAT OSCULA LIGNO

Ti sembra un poco strano e non ti tocca
anche se forse un poco ti lusinga
questo mio desiderare la tua bocca.


KOPH

..e nell'aria d'agosto, ferma e afosa
pedala una giovinetta,
un bocciolo di rosa.


CUPIDITATI

..ma questo desiderio che non muta
è una follia, da troppi risaputa.


Eri delizia della mia fanciulla,
eri armonia ch'errava per la valle:
passero dei nostri bei poeti,
ora sei gioventù che vola via.


Quanto dolce d'inverno, con la nebbia
il mio e il tuo raffreddore:
baciarti dolcemente scambiandosi
microbi gialli del nostro breve amore.


NOLI TE VERTERE

Un' anima calda devi avere
sì da sentire risuonarti dentro
con alberi, nuvole e sospiri,
sui laghi di un mattino troppo freddo
la voce forte dei tuoi sogni persi.
Quando sorge dai monti nella sera
la nostalgia delle tue mani fredde,
cadendo nella neve questa neve
come mari increspati dall'ottobre.
E sulle rive vuote , sugli scogli
si levano lamenti di follia.
Non ti voltare allora per guardarla:
la troverai lo stesso nel tuo viaggio
come sirena dei tuoi nuovi mari.


VENENUM (Civitavecchia, settembre 1966)

Non erano, forse,
silenziosissimi sguardi
né lame di luce nel freddo:
respiro della citta` che affoca,
e ride, sull'orlo dei marciapiedi
a giovinetti perduti.


BARKIZA - 1968

Mattino d'estate incenerito,
abbi calma, sulle spiagge
irte, di mare blu profondo.
Nel fondo, dibattenti,
ali di gabbiani sfiorano la roccia.
Erba gialla alle coste
è ricordo di incendi sulla riva;
è dolce e forte il paese
che qui si stende assopito per l'ora,
e sale a perpendicolo sul carro
un sole arso che brucerà la pietra,
un sole caldo di meriggio
già pronto a perdersi
nelle onde, inquiete di Libeccio.


THALASSA - 1961

Mare di china
e una barca.
Lontano.
Sabbia nera
e conchiglie bianche.
Vestiti di seta
e denti di vetro.
Grandi cavalli
che corrono forte
con zoccoli grossi
su spiagge infinite
e alberi verdi.
Almeno una volta.
Lontano.


FORMIDINIS CAUSA FUGIT

ll passero dal ramo vola via
come il tuo amore dalla mia follia.


IGNIS IN CORDE - 1960

Ali fatti di luce
nebbia di sole riflesso
e rami neri, ancora per poco.
M'illudo, sui vetri di fuoco
col sole negli occhi.


CIVITAVECCHIA

Né più dolce poteva sembrare
né più forte, alle piccole foglie:
vento dell' Occidente, arrossato da nubi.


JOKE

Nowhere
No Where
Now Here.


ΕΛΕΝΗ - 1970

Ma che importava a loro due se fuori
sotto le mura dell'antica Ilio
Ettore e Achille, duri, con le lance
gocavano la vita combattendo?
Caldo era il letto, Paride biondo e bello
dolce nel volto e nelle lente mani
nuovo nei giochi delle labbra piene
e forte di dolcezza rinnovata.
Umida e bianca nel suo corpo chiaro
la moglie di Menelao lo accarezzava,
lo consolava della sua tristezza
dolce e improvvisa, sorta da lontano,
dal pianto prolungato della gente
per Ettore  fratello  caro  morto.


NAUMACHIA - 1970

Ah, se ad Azio Cleopatra avesse vinto !
Avremmo avuto un Impero in Oriente
senza bizantinismi di vescovi a Nicea.
Ed Alessandria e Pergamo, le dotte
seguiterebbero nella via dei vecchi
e chissà che ne sarebbe dei cristiani:
io credo che sarebbero tornati
i vecchi dei dell' Ellade, svegliati.


ANAS PLATIRYNCHOS

La riva era deserta, ed era sera
quando vidi venire da lontano,
indi tornare, sopra l'acqua nera
il volo basso e forte di un germano.


ICICI

Lungo le rive col nostro lento passo,
nell'acqua a tratti appare e riappare
così lontano da noi uno svasso
solitario padrone del mare


AMPLECTI DESIDERAMUS - 1975

E tu come un violino
scintilla portata dal vento
tra le mie mani sole,
mi parli canzoni, mi dici
respiri di mare, sorrisi...


T'ANG - 1959

Il vento è freddo
sotto il mio cappotto.
La luna
è un catino di lacrime
tra le nuvole
sfilate dal vento.


OS - 1969

Stammi vicina
ché l'ora è d'arancio.
Tienimi forte le mani
se ti do un bacio profondo
se ti bacio la voce.


ATHENAE ATHENARUM - 1968

Vita ateniese scalza, poi finita
con finte grandi cose nell'estate.
Un po' di libertà presa per buona
e qualche amore che non faccia male.
Poche le cose che ti fan pensare:
un amico che finge di ascoltare
una donna che passa troppo in fretta
e statue antiche che tu vedi e perdi
in piedi dentro gialli tram che vanno.


E` difficile scrivere la fine della pena
se le malinconie prolungano il ricordo
e la catena che va da anello a anello.
Un anello d'oro interrompe la sequela
e illumina di sole il tuo ricordo.
S'accende intanto un'altra fiamma rossa
ed è un amore che non lascia più.





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